lunedì 14 maggio 2012

primo maggio a kreuzberg


entusiasta del mio primo primo maggio fatto a berlino anzi no, a kreuzberg! 
l'anno scorso l'ho mancato per poco, così quest'anno è toccato mettersi di punta. 
lo spirito giusto del primo maggio kreuzbergese? non l'ho ancora ben capito, questa è la verità. 

per i tedeschi è una festa per le famiglie, le vie vicino la u-bahn di kottbussetor pullulavano di banchetti turchi, non solo organizzati dai millanta ristoratori della zona, ma anche del tutto improvvisati e a gestione familiare (che spettacolo le siorotte turche che ti riempiono il piatto con caterve di robe per prezzi irrisori!) che vendevano di tutto (carne e pesce grigliati al momento, insalate e contorni, specialità turche e dolci....gnaaaaaammmmyyyy!) 

e non solo. le strade e cortili dei palazzi erano disseminati anche di location per dj set gestite e sponsorizzate dai klub berlinesi più famosi. inutile dire che di gggiovani danzerecci ce n'erano a palate, che la cosa è andata avanti ad oltranza per tutta la giornata fino a notte inoltrata e che gorlitzerpark era letteralmente impraticabile, tanta era la gente riunita a zompettare a suono di elettronica! 













a rendere inintelligibile il tutto c'ha pensato il massiccio schieramento di polizei. le stradine laterali spesso e volentieri erano trasformate in parcheggio per decine di camionette della polizia, ogni tanto ci si imbatteva in armentari per metter su posti di blocco, più volte durante la giornata è capitato di vedere squadre nutrite di poliziotti a piedi fendere in formazione la folla di famiglie e giovani, indirizzati chissà dove, chissà a far cosa.    




la situazione di allerta, totalmente in contrasto con quanto accadeva intorno, pare sia dovuta al terzo elemento caratterizzante del primo maggio berlinese: le manifestazioni. 
per i tedeschi in questa giornata non solo si festeggiano i lavoratori, ma si rivendicano diritti di ogni tipo con manifestazioni che spesso e volentieri, negli anni scorsi, sono finite con scene di guerriglia urbana (lo sapevate che i black block sono nati in germania?). quest'anno la situazione è stata relativamente tranquilla, scontri grossi non ce ne sono stati, e da quel che ho visto io, non c'è stata per nulla tensione. c'è da dire però che lo scorso anno sono capitata dalle parti di kottbussertor verso le otto di sera e il confronto tra la folla dei manifestanti e i gruppi di poliziotti, già inquadrati e pronti ad entrare in azione, era tutt'altro che all'insegna della calma. l'impressione era che di lì a poco si sarebbe dovuta scatenare l'apocalisse, insomma pauuuraaa?!       


    

per concludere, consiglio in ogni caso e caldamente di passare il primo maggio a berlino perchè davvero ce n'è per tutti i gusti e, se il meteo aiuta (di solito a maggio il meteo berlinese sa essere incredibilmente benevolo!), e non si ha la sfortuna di trovarsi nel bel mezzo di manifestazioni sul punto di esplodere, c'è solo che da godersi una gran bella giornata di svacco e fancazzismo generale all'insegna di cibo, birra e musica per strada, oh!    

ps: ringrazio alessia per la segnalazione dei video!













venerdì 13 aprile 2012

pasqua e i falsi miti di progresso


seconda pasqua lontana da casa con tanto di voglia di colomba a sleppazze e agnello arrostito in abbondanza.
quest'anno però sono rimasta a berlino, così è stato inevitabile confrontarsi con le tradizioni pasquali altrui quelle tedesche, in primis, ma anche con la non-tradizione mussulmana. insomma giornate piene di scoperte.

scoperta numero 1: i tedeschi festeggiano la pasqua più degli italiani.
qui è festa sia il venerdì' santo che domenica e lunedì, e quindi si fanno un bel ponte con la scusa della pasqua. la cosa è strana perchè la maggioranza dei tedeschi è protestante per cui molte delle festività cattoliche che ci sono in italia, qui sono del tutto ignorate (ebbene sì, lo scorso ferragosto ero dall'ortopedico a togliere i punti, l'immacolata in fila all'ufficio del lavoro, tutti-i-santi/halloween e il carnevale non esistono, vi assicuro che la cosa è sconvolgente, almeno il primo anno!). 

scoperta numero 2: per i mussulmani gesù non è mai morto in croce.
a morire sarebbe stato un suo sosia, mentre il maestro si sarebbe nascosto da qualche parte per 3 giorni e poi sarebbe tornato in circolazione (questo per lo meno è quel che ho capito parlando con persone mussulmane). alla domanda "e poi come va a finire?", Wikipedia risponde addirittura accennando ad una fuga in india!....la cosa ovviamente sarebbe da approfondire, certo è che già così c'è l'incipit da blockbuster hollywoodiano.  

scoperta numero 3: a pasqua non tutto il mondo è paese
cari tedeschi, la tradizione di passare le vacanze di pasqua a nascondere e cercare uova in mezzo ai prati è prettamente vostrana, al massimo anglogermanica. questo spiega come mai nel periodo di pasqua gli italiani si affollano sulle autostrade con macchine piene di uova di cioccolato alte come minimo 15cm, incartate con carta catarifrangente e per ciò impossibili da nascondere in giro per i prati.
in italia le uova sono un regalo che gli adulti, genitori e parenti, fanno ai bambini. i bimbi italiani non sono addestrati a setacciare posti idilliaci alla ricerca di uova colorate e ovetti di cioccolato nascosti da un fantomatico coniglio burlone, loro sanno che le uova di cioccolato sono frutto della spesa pasquale dei grandi. davanti alle uova in loro scatta l'istinto massacratore del tirex: la distruzione dell'uovo per vedere cosa c'è dentro, oltre all'ingozzarsi con la cioccolata di cui questo stesso è fatto, è ciò per cui sono stati allevati a provar gioia e infinito piacere a pasqua.    

si può dire che lo stesso meccanismo interessa anche i grandi. con il passare del tempo infatti l'istinto da tirex evolve e a pasqua inizia a manifestarsi nei confronti dei cuccioli di pecora di 40 giorni, meglio conosciuti come agnellini. questo spiega come mai in questo periodo la maggior parte dei adulti consuma gli agnelli, appositamente fatti nascere per essere sterminati per l'occasione, cucinati nei modi più diversi (agnello arrostito, vieni a me!).
foto beatrice zarroli
arrosto di agnello e patate

e d'altronde non è una novità il fatto che una certa dose di furia devastatrice sia insita nelle radici e, allo stesso tempo, retaggio della cultura cattolica e/o di certa ricezione di essa, lo confermano a iosa tutte le altre tradizioni italiane tipiche del periodo pasquale. tuttavia specifica dei giorni nostri, è la possibilità che la tradizione di festeggiare necessariamente nutrendosi di cose fresche, appena nate, e primizie di stagione, possa shockare e portare a reazioni di tipo animalista.
boh, forse a torto mi verrebbe anche da pensare che, nella terra del biologico e delle leggi che vietano la commercializzazione delle uova prodotte con l'allevamento in batteria, se la tradizione pasquale fosse così strettamente culinaria come quella italiana e se ne avesse le stesse connotazioni infanticide, come minimo questa si trasformerebbe in motivo scatenante per la guerra civile tra i crucchi animalisti e quelli sostenitori della tradizione stessa. va detto che in italia le tradizioni sono fortissime, a maggior ragione quelle radicate nel cattolicesimo, così come che lo spirito innovatore negli italiani è quasi pari a zero, e che questa tendenza è ancora pienamente riscontrabile nella generazione tra i 30 e i 35 anni.
ciò tuttavia, non escluderei che nelle nuove generazioni i sentimenti animalisti possano vincere la rassicurazione millenaria della tradizione cattolica...

domenica 25 marzo 2012

you are leaving the american sector. checkpoint charlie


oggi ho voglia di scrivere di un posto che va consigliato a tutti quelli che amano questa città, nello specifico, si tratta del museo haus am checkpoint charlie. chi è stato a berlino come turista sicuramente ci sarà passato davanti, magari per farsi fotografare tra le due guardie farlocche appostate notte e dì davanti la ricostruzione del checkpoint. ecco in quello stesso punto si trova anche il museo in questione.

tema generale trattato nell'haus am checkpoint charlie è ovviamente il muro di berlino ma gli oggetti e il taglio dato alla mostra sono tutt'altro che consueto.
gli spazi del museo infatti, sono costituiti da stanze labirintiche, all'interno di un unico edificio, strapiene di cose di tutti i tipi. in questo luogo la storia del muro (la sua costruzione, l'evoluzione da esso subita negli anni in relazione alla situazione politica), e della cortina di ferro quindi, viene illustrata rendendo testimonianza alle storie di berlinesi, tedeschi e cittadini dei paesi socialisti che hanno rischiato la vita costruendo tali oggetti (quelli raccolti a checkpoint charlie sono tutti originali, frutto di donazioni) per tentare la fuga dal blocco orientale a quello occidentale negli anni della guerra fredda.  

l'haus am checkpoint charlie secondo me incarna per molti aspetti l'ideale di museo storico.
dico questo perchè mi è capitato di visitare il museo memoriale della pace di hiroshima, incentrato sull'esplosione atomica subita dalla città alla fine della seconda guerra mondiale. ho trovato ben fatta la ricostruzione storica della situazione giapponese negli anni precedenti alla seconda guerra, senz'altro utile a comprendere le dinamiche che portano all'alleanza con la germania di hitler e la scelta americana delle due cittadine, hiroschima e nagasaki, per sganciare la bomba atomica. 
hiroshima, parco della pace:
monumento ai caduti alle vittime dell'esplosione atomica 
purtroppo però non posso dire lo stesso della parte della mostra relativa alle conseguenze devastanti dell'esplosione. 
in alcuni momenti mi è sembrato di essere a movieland! ho trovato per niente efficace e del tutto fuori luogo il porre enfasi su quello che è accaduto facendo ricostruzioni da set cinematografico (con tanto di cartapesta, manichini e sottofondo musicale da fiction televisiva) delle macerie e dei corpi straziati.
stessi dubbi per la parte della mostra che illustra gli effetti che le radiazioni hanno continuato ad avere negli anni sulla salute della popolazione, anche lì l'impressione è stata di perplessità per la forma attraverso cui si è scelto di riportare i fatti. 
alla fine della mostra, sulla strada verso l'uscita, avevo trovato banchetti per la raccolta firme per l'abolizione del nucleare, inteso non solo come armi atomiche ma anche come fonte di energia (niente di più azzeccato alla luce di quanto accaduto alla centrale di fukushima a seguito del terremoto del marzo del 2011). anche questa cosa mi era sembrata la ciliegina sulla torta nella fiera dell'enfasi.   
mi sono trovata a discutere a riguardo con l'amica italiana da cui ero ospite in quell'occasione. lei non aveva ancora visitato il museo ma era rimasta stupita dal mio scetticismo, perchè fin lì nessuno dei suoi ospiti e conoscenti si era espresso in senso critico rispetto all'esposizione.            

di tutt'altro tipo è stata la mia reazione nei confronti della mostra dell'haus am checkpoint charlie.
a renderla davvero particolare ha concorso molto l'idea che ha portato alla sua fondazione. nel 1962 (neanche un anno dopo l'inizio della costruzione del muro) rainer hildebrandt riconosce la necessità di occuparsi degli accadimenti relativi al muro, di renderli noti, di tenerli sotto costante osservazione, sia nel tentativo di comprendere meglio il problema che di agire concretamente contro di esso qualora ce ne fosse stata l'occasione. l'organizzare di un'esposizione su quello che accadeva a intorno al muro di berlino non è mai stata quindi un'iniziativa fine a sè stessa, ma era piuttosto uno dei tanti aspetti del concreto progetto di lotta non violenta e di intervento effettivo in aiuto di quanti erano intenzionati a tentare la fuga verso l'occidente.
la scelta stessa di un edifico a ridosso del muro in cui collocare l'esposizione, in questo senso è del tutto strategica, perchè procura la sede di progettazione, organizzazione e attuazione di molti piani di fuga.
e non solo, l'haus am checkpoint charlie si è adoperata anche nella diffusione di informazioni sia sulle condizioni carcerarie dei detenuti, che sulle evoluzioni dei sistemi di sicurezza sempre più sofisticati, attraverso conferenze e seminari tenuti da detenuti riscattati (molti degli arrestati mentre tentavano la fuga vennero condannati all'ergastolo e riuscirono a salvarsi grazie ai riscatti che la germania dell'ovest iniziò a pagare al governo della ddr per la loro liberazione) e ex guardie confinarie della germania dell'est scappate all'ovest.
il saper suscitare attenzione mediatica attraverso manifestazioni, proteste e iniziative (una parte dell'esposizione aperta al pubblico è attualmente costituita da una mostra d'arte composta dai lavori che vari artisti hanno creato ispirati dal muro proprio all'interno di tali iniziative) è stato uno dei punti di forza di tutti i risultati raggiunti anche negli anni in cui la tensione storico-politica era massima. su checkpoint charlie infatti, pian piano iniziarono a puntarsi le telecamere di tutto il mondo, e proprio per questo le richieste avanzate nelle manifestazioni che qui avevano luogo cominciarono ad essere accolte dal governo della germania est, nel tentativo di mantenere un'immagine pubblica quanto più positiva all'estero.      

con la fine della guerra fredda tutte queste attività non sono state più necessarie ma il carattere d'engagement del luogo non si è perso perchè quasi tutte le guide turistiche che attualmente vi lavorano, sono tedeschi sessantenni che hanno vissuto in prima persona quegli anni scegliendo da che parte stare.
proprio questo fatto penso sia determinante anche per l'efficacia storico-rammemorativa di questo posto.
prima di iniziare io stessa a lavorarci come guida turistica, mi è capitato di seguire un paio di visite guidate fatte da questi vecchi berlinesi e devo dire che il modo in cui riescono a raccontare i fatti del muro fa la differenza per i visitatori. la sensazione è che dall'abbondanza di tabelle esplicative che accompagnano l'esposizione, comunque si riesca solo in parte a cogliere il senso degli eventi, a raccontarne con l'asciuttezza necessaria, a permettere di trasmettere la giusta misura di ciò che è stata la guerra fredda per gli abitanti delle due germanie.

il consiglio spassionato per gli innamorati di questa particolare parte della storia tedesca e mondiale è, quindi, di visitare questo museo muniti possibilmente, se non di guida turistica, per lo meno di un'audio guida. 
chiudo in bellezza con un video in cui lucio dalla racconta com'è nata futura (ebbene sì, l'ha scritta a checkpoint charlie!)  


lunedì 20 febbraio 2012

gongolo, oh come gongolo!


è ufficiale la 62. berlinale si è chiusa e per il cinema italiota, presente con 3 pellicole, è andata alla grande.
i fratelli taviani infatti, si sono cuccati l'orso d'oro con cesare deve morire (in italia esce il 2 marzo, qui per ulteriori info), mentre vicari è arrivato secondo tra i film premiati dal pubblico nella sezione panorama, con diaz (proprio quello di cui ho accennato nel post precedente!).

la sottoscritta ovviamente gongola tantissimo perchè questi erano tra i pochi film della berlinale 2012 che avrei voluto vedere (e nonostante tutto, purtroppo alla fine non sono ancora riuscita a vedere il film dei taviani). in più va ricordato che erano svariati anni che il cinema nostrano non riusciva a farsi notare in terra di germania (l'ultimo orso d'oro era stato vinto da ferreri nel 1991 con la casa del sorriso). ecco, per questo gongolo davvero tantissimo.



cesare deve morire. film dei fratelli taviani
vincitore dell'orso d'oro alla  62. berlinale (uscita in italia: il 3 marzo 2012)
   






diaz. don't clean up this blood. film di d. vicari
vincitore del secondo premio del pubblico alla 62. berlinale (uscita in italia: 13 aprile 2012) 

sabato 18 febbraio 2012

la berlinale e altre chicche

sono stata a vedere un film alla berlinale.
mi è già capitato di essere spettatrice alla mostra del cinema di venezia e devo dire che l'atmosfera del festival berlinese è davvero un'altra cosa. entrambi i festival coinvolgono profondamente le città e ne vengono a loro volta influenzati per questo, trattandosi di città così diverse, va da sè che la logistica e le dinamiche diventano altre. il succo del discorso è che ho molto apprezzato la sensazione di accessibilità oserei dire illimitata offerta dalle berlinale, sopratutto in confronto alle difficoltà di raggiungere il lido. l'impressione è che il tipo di pubblico che popola le proiezioni è una conseguenza di ciò. ma magari mi sbaglio.    

il film che ho visto alla berlinale è diaz. don't clean up this blood (dell'italianissimo vicari con santamaria e germano, qui per saperne di più sul film in italia). diaz va visto, sia per il tema sia perchè è fatto bene.
se di più di questo sul film non voglio scrivere, se preferisco accontentarmi dei commenti a caldo alla fine della proiezione o della chiacchierata assonnata di stamattina con la mia coinquilina tedesca (poverina, a colazione a tratti è costretta a cuccarsi di quei pezzoni!), è per un paio di motivi: 1) diaz uscirà nel bel paese solo ad aprile; 2) aspetto di vedere acab di sollima (...ok, sospetto sia inevitabile metterli in costellazione).
si sarà intuito che il cinema italiano non mi fa schifo, e anzi, si solito lo preferisco a quello estero...fatte le dovute distinzioni, ovviamente. sottolineo a riguardo il disaggio di vivere fuori dall'italia che si concretizza con l'allungarsi dei tempi di attesa dell'uscita dei film nelle sale (qualcuno sa se e quando acab uscirà in germania???).

approfitto del post per fare un ulteriore outing (oggi mi sa che è giornata!): adoro i cinema berlinesi!
è abbastanza facile trovare dei cinema che siano delle vere perle architettoniche dallo jugendstil - è il caso del passage kino (costruito nel 1909, vi consiglio di dare un'occhiata alla fotogallerie) - fino allo stile DDR - l'international (anche questo appartenente al gruppo yorch) vicino alexanderplatz è imprescindibile, il contrasto tra la facciata in stile sovietico inneggiante al popolo e lo sfarzo interno è shockante (anche in questo caso rimando alla fotogallerie per gli interni, qui per le foto anni 60 dell'edificio) 
l'international "fagocitato" dall'edificio sede degli uffici del rathaus del quartiere mitte:
very ddr-style! 



international: struttura sovietica

international: dettaglio del fronte destro



il babylon nel 1956
menzione speciale va al babylon, uno dei cinema più vecchi e conosciuti di berlino. a renderlo speciale oggigiorno è il fatto che offre un programma di eventi culturali molto variegato e del tutto trasversale come le serate tematiche (non mancano i film italiani proiettati nell'ambito della rassegna intitolata cineaperitivo così come quelli in lingua francese del ciclo la french connection e in spagnolo intitolato cine en español) o le proiezioni di film muti storici tedeschi con accompagnamento musicale dal vivo, gli stummfilme (non a caso uno dei vanti del cinema è il fatto 
di essere l'ultimo cinema berlinese a possedere un organo originale del 1929 ancora funzionante!), concerti, e tanto altro ancora. insomma al babylon non si rischia mai di annoiarsi! 

per ulteriori informazioni rimando direttamente sul sito del cinema:





il babylon oggi


per chiudere e riassumere, ai veterani della capitale tedesca ma anche a chi fosse semplicemente in vena di turismo alternativo o magari ai cultori di una o di entrambe le sacre arti, segnalo la possibilità di coniugare l'esperienza architettonica e quella cinematografica. li invito inoltre ad informarsi ulteriormente perchè sospetto ci siano ancora un bel pò di cose, in questo senso interessanti, da scoprire e condividere.       



venerdì 2 settembre 2011

wilkommen in neukölln. il neuköllner kurzfilm wanderung

foto daniel fabbro
dopo un mese di silenzio bloggarolo dovuto ad un "per forza di causa maggiore" (gli ultimi 30 giorni li ho passati bloccata a casa per una frattura al piede sinistro) c'è forse bisogno di rompere di nuovo il ghiaccio. per questo motivo mi fa piacere raccontare la prima e, ahimè, quasi l'unica occasione sociale di interesse generale praticata fuori casa in questo periodo.

si tratta del neuköllner kurzfilm wanderung organizzato dall'associazione città aperta il 20 agosto 2011 nel quartiere di neukölln. della serata sapevo ben poco, giusto che si trattava di proiezioni di cortometraggi in giro per quella zona che è anche il quartiere dove abito io, che a fare da schermo sarebbero stati i muri dei palazzi, che tra i corti proiettati ce ne sarebbe stato anche uno di un regista veneto, alberto scapin  (conosciuto a padova in qualità di ex coinquilino di una carissima amica e allora collega teatrante) e che sarebbe stata gratuita. 
tutti elementi interessanti la cui sufficienza però diventa relativa in condizioni di zoppaggine conclamata. nonostante l'evento non fosse il più appropriato, alla fine mi sono convinta che era il caso di provare a partecipare, mettendo in preventivo il fatto di riuscire a seguirne soltanto una parte.


foto daniel fabbro


lo scenario si è presentato subito particolare: in una delle poche serate berlinesi squisitamente estive, un gruppo sempre crescente di ragazzi molto giovani e a tratti sediamunito, il pubblico, si stava raccogliendo intorno ad un altro gruppetto di ragazzi altrettanto giovani, lo staff.
parte di quest'ultimo era occupato a chiedere collaborazione agli abitanti dei palazzi per la corrente elettrica e a sistemare la parte tecnica (composta da un portatile, da un proiettore, da una scala da imbianchino usata come supporto per quest'ultimo, da un carretto con le casse e l'amplificatore, da una bicicletta per spostare il carretto in giro da un posto all'altro e poi cavi e prolunghe e un immancabile megafono per le presentazioni e per le comunicazioni logistiche). l'altra parte dello staff invece era impegnato ad accogliere gli spettatori, distribuendo volantini con il programma della serata e chiedendo di pazientare un minimo per il ritardo sull'inizio delle proiezioni.
l'attesa tecnica e la breve introduzione sul viaggio, filo conduttore dei cortometraggi, sono state sufficienti a procurare il buio necessario ad iniziare.

il tema del viaggio è stato affrontato con il viaggio.
quello attraverso gli spazi urbani di uno dei quartieri più multiculturali, neukölln, della città con la vocazione all'integrazione più forte d'europa, berlino. a fare da complemento al movimento fisico di spettatori, staff e materiale tecnico ci hanno pensato i viaggi raccontati per immagini, parole e persone dai registi con i loro corti.
il tema del viaggio si è quindi sviluppato per il viaggio. quello che ognuno dei partecipanti si è ritrovato a fare suo malgrado con lo sguardo incollato alle acrobazie esistenziali proiettate sui muri a loro modo compiacenti degli edifici.

foto daniel fabbro
a rendere alchemica la chimica della serata ha senz'altro concorso anche il tornare a una delle forme originarie dell'esperienza cinematografica, il cinema itinerante fatto di immagini portate di luogo in luogo e di proiezioni senza sale cinematografiche.
seppur si sia trattato di un metaviaggio con il meccanismo delle scatole cinesi, la sensazione finale prodotta è stata quella di un qui ed ora collettivo, non solo gratuito ma soprattutto spontaneo.tutto ha saputo parlare di berlino perchè tutto ha saputo parlare degli uomini che la abitano.


in breve, ho trovato la serata davvero interessante e chiaramente mi sarebbe piaciuto restare fino alla fine. che dire? sarà per il prossimo anno!

foto daniel fabbro



per saperne di più sull'associazione città aperta, sui progetti da questa organizzati e sul programma della serata:
http://cittaaperta2011.wordpress.com/

se, dopo un pò di tempo in cattività assoluta, ho provato a vedere che succede fuori di casa, a testare una eventuale possibilità di normalizzazione della situazione, lo devo soprattutto alle persone che quella sera erano con me. a loro ovviamente va un ringraziamento.  


foto daniel fabbro










mercoledì 20 luglio 2011

la felicità degli stupidi I

questo post lo scrivo perché mi sono sentita stupida a sentirmi felice. 
arrivando al sodo, un paio di giorni fa ho avuto la conferma che lo stato tedesco mi pagherà l'affitto fino a quando non riesco a trovare un lavoro, dandomi dicembre come termine ultimo garantito. 

prima della conferma, da brava italiana, aspettative zero e bestemmione perché da quando ho inoltrato la domanda per il sussidio statale si è aperta la sagra della scartoffia e il gran tour degli uffici. per capirsi, la cosa mi ha preso abbastanza male, lo scorso mese l'ho passato a controllare la cassetta della posta anche 10 volte al giorno (in pratica tutte le volte che ci passavo davanti per uscire, con picchi in cui mi facevo apposta 4 piani di scale per controllarla). la paranoia all'idea di ricevere eventuali avvisi (e ne sono arrivati svariati!) in cui mi veniva chiesto di spedire altre scartoffie oltre a quelle già portate, in qualche maniera me la sono portata latente pure in italia, nell'unico fine settimana che c'ho passato da 4 mesi a questa parte.

dopo la conferma, da brava italiana, ho avuto la sensazione di aver ottenuto la grazia. e qui mi sono sentita stupida. poi ho capito. troppo abituata ad avere a che fare con uno stato che se ne frega, troppo abituata ad aspettarsi che sia qualcun'altro e non lo stato a metterci la pezza quando ce n'è bisogno, troppo abituata a considerarsi una spesa non impellente. è così che funziona nel paese in cui sono cresciuta: pochi soldi se li prende chi ha già lavorato e non lavora più, insomma i disoccupati. poi ci sono gli "inoccupati": bamboccioni di trent'anni che vivono con mamma e papà e che da loro si fanno pagare la paghetta mensile, quello che sono  io ad oggi.


voglia di polemizzare sì, ma soprattutto voglia di guardare le cose da un altro punto di vista, di sentirmi qualcuno su cui vale la pena investire, non solo i soldi di una singola famiglia ma quelli di un'intero paese. di mettermi nell'ottica del ok, ho 6 mesi per trovarmi un lavoro che è molto diversa da quella dell' anche sto mese pagano mamma e papà, speriamo che il prossimo trovo un lavoro.